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Per Aspera Ad Veritatem n.23
Dagli imperi militari agli imperi tecnologici. La politica internazionale nel xx secolo

Ennio di Nolfo - Ed. Laterza, Roma-Bari, 2002



La necessità di comprendere l'attuale situazione politica internazionale - che vede sulla scena una sola superpotenza (gli U.S.A.), proprio in ragione di tale sua supremazia, forse colpita da una sorta di isolamento per assenza di reali competitori - conduce l'Autore a ripercorrere la storia dalla fine del XIX a tutto il XX secolo.
Il momento di passaggio dagli imperi militari agli imperi tecnologici (efficace titolo per questo interessante saggio) si individua nello spazio temporale che intercorre tra il progressivo tramonto degli imperi centrali (austro-ungarico ed ottomano, senza dimenticare la Prussia guglielmina), il tentativo sfumato di sostituirvi la "fortezza Europa" e il dualismo U.S.A.-U.R.S.S., venuto meno con il crollo economico dell'U.R.S.S., il declino della sua potenza militare e la successiva nascita dell'attuale Russia. La capacità di affrontare i problemi della modernizzazione tecnologica, in effetti, è stata la chiave di volta del successo statunitense e l'epilogo naturale del processo, costituendo anche la prova che, ormai, la rilevanza sullo scacchiere mondiale non si fonda più sulla potenza militare, mera conseguenza della supremazia tecnologica.
Questo, in brevi cenni, l'assunto dell'Autore che tuttavia, a differenza di quanto di solito avviene in quei lavori in cui la storia viene letta quale chiave di comprensione del presente, lascia sullo sfondo gli eventi bellici che tanto hanno condizionato il secolo scorso (due guerre mondiali oltre i non meno cruenti conflitti "locali"), per assumere quale filo rosso della narrazione la politica internazionale. Più precisamente, i mutamenti delle politiche internazionali delle varie potenze che hanno dominato le diverse fasi storiche.
L'intenzione dell'Autore è proprio quella di ricercare i complessi passaggi legati al gioco delle alleanze, nella loro connessione con le scelte economiche dei diversi Paesi: le guerre, pur se drammaticamente presenti nell'immaginario di ogni essere umano, sono quindi in questa lettura solo una logica conseguenza della storia. I passaggi storici fondamentali trovano ciascuno una propria motivazione riconducibile ai mutamenti della politica internazionale. Ad esempio, l'espansionismo prussiano del finire del XIX secolo e del principio del XX provoca l'abbandono del tradizionale isolazionismo della Gran Bretagna. Logica conseguenza è la nascita e prematura morte della c.d. "nuova diplomazia", che sostituiva alle tradizionali alleanze un dinamismo in forza del quale, nell'imminenza dello scoppio del primo conflitto mondiale, il quadro delle alleanze europee era completamente modificato con l'unica eccezione forse dell'Italia che, ancora legata all'accordo della Triplice alleanza, muoveva anche passi verso i nuovi schieramenti che si andavano posizionando sullo scacchiere europeo e, quindi, mondiale.
D'altro canto, gli U.S.A. - che già nel 1914 erano una potenza economica e che, con l'inizio della guerra, proiettarono sul mercato finanziario tale loro superiorità - erano ancora combattuti, e lo saranno comunque sino al 1941/1942, tra il mantenimento di una politica di isolamento nei confronti dei problemi europei ed i progetti Wilsoniani (i “14 punti” prima, la Società delle Nazioni poi) che, di converso, prevedevano un'assunzione di responsabilità sul piano mondiale.
Passaggio molto interessante dell'opera è, a nostro avviso, il tentativo di spiegare, non certo di giustificare, la follia nazista come l'estremo tentativo dell'Europa di rimanere arbitro mondiale, attraverso il tentativo della potenza tedesca di dominare le debolezze europee. Tale tentativo mostrò tutta la sua velleitarietà non appena gli U.S.A. posero fine al perdurare del loro isolazionismo, dando la possibilità alla Gran Bretagna di controbilanciare l'avventurismo hitleriano con il recupero di un'alleanza ben più solida.
Le scansioni dei conseguenti eventi bellici rimangono anche in tal caso sullo sfondo nell'opera del prof. Di Nolfo, che acutamente pone quale spartiacque nell'evoluzione del conflitto l'approvazione della legge statunitense "affitti e prestiti". Grazie a tale strumento politico-economico-diplomatico gli Stati Uniti operavano una svolta radicale nella loro politica di neutralità, manifestando al contempo la convinzione che la Germania rappresentasse il più grande rischio per la politica mondiale. Sostenendo la Gran Bretagna prima ed altre nazioni europee poi, gli statunitensi proteggevano in realtà la stessa sicurezza americana.
Sostanzialmente lo stesso progetto che, a guerra vinta, li avrebbe portati con il piano Marshall e il Patto atlantico a rafforzare economicamente e militarmente i Paesi europei in chiave antisovietica, divenuta nel frattempo il loro naturale avversario. Proprio la contrapposizione per blocchi del secondo dopoguerra rappresenta il logico prodromo dell'attuale situazione. Attraverso lo scontro fra modelli di sviluppo così diversi, fra un'idea occidentale che prevedeva la realizzazione di società aperte e pluraliste contrapposte al rigido centralismo dei Paesi dell'Est (satelliti militari, prima che economici, dell'U.R.S.S.), si giunge infatti al collasso del sistema della cd. "guerra fredda".
Anche in questo caso si assiste al mutamento delle regole delle relazioni internazionali. Non più una trama diplomatica tessuta attraverso i fili elaborati dalle diplomazie nazionali, ma al contrario la riduzione dei soggetti (sostanzialmente due) ed un ampliamento degli interessi tale che nessun fatto, in qualunque parte del mondo verificatosi, lasciava indifferenti le due superpotenze.
Era nato, insomma, il sistema bipolare ove due sole potenze erano in grado di esercitare quelle attività internazionali che prima erano state caratteristica dei maggiori stati nazionali.
è peraltro storia d'oggi il timido tentativo europeo di sostituirsi quale reale competitore degli U.S.A., grazie ad un'integrazione economico-politica (non a caso sviluppatasi più compiutamente con il crollo del blocco sovietico, prima economico e poi di coesione sotto la spinta di mai sopiti nazionalismi per troppo tempo repressi) tale da modificare nuovamente i rapporti sul tappeto, anche grazie ad un'ulteriore modifica della prassi delle relazioni internazionali.



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